Maggio 1944
Sfondamento di Montecassino
Giovedì 18 maggio 1944 - Lo sfondamento della linea Gustav a Montecassino apre la strada alla marcia degli anglo-americani verso Nord.
Giugno 1944
Gli americani a Roma
Venerdì 2 giugno 1944 - La sera, Radio Anzio trasmette la comunicazione più attesa: ‘Elefante’. È la parola d’ordine che annuncia l’arrivo degli Alleati a Roma. Il leader socialista Pietro Nenni nel suo diario annota: «Ci siamo. […] Roma è nostra […] Penso ai prigionieri di Via Tasso […]. La prima cosa da fare domattina sarebbe un attacco in forze a Via Tasso. Un attacco che non ci sarà mentre Kappler e Priebke lasceranno alle loro spalle un’ultima, feroce e inutile scia di sangue».
Inizia la ritirata dei tedeschi
Sabato 3 giugno 1944 - È la viglia della liberazione di Roma da parte degli Alleati.
Nel pomeriggio, ha inizio la ritirata dei tedeschi da Roma. A nord di Roma i bombardamenti colpiscono le vie consiliari per bloccare la ritirata dell’esercito del Terzo Reich. Le diverse sedi usate dai comandi nazisti sono in procinto di evacuare. Anche il carcere di Via Tasso deve essere sgomberato. Bisogna fare in fretta, non si possono pianificare i trasferimenti.
Il trasferimento dei detenuti
Sabato 3 giugno 1944 - Centocinquanta detenuti, parte dei quali provengono anche da Regina Coeli, devono essere trasferiti al Nord, ma non ci sono mezzi sufficienti. Partiranno in 120. Sono ore convulse, in cui la paura prevale sulla speranza. Le SS iniziano a scaglionare i detenuti per la partenza.
Gli scaglioni contano 20-22 detenuti alla volta. Un appello e la dichiarazione esplicita di trasferimento al Nord e successivamente ai campi di lavoro in Germania. Ad alcuni prigionieri viene rilasciato da un medico un certificato di idoneità. Chi tenta la fuga sarà immediatamente giustiziato.
Partono i camion
Sabato 3 giugno 1944 - Davanti al carcere di Via Tasso vengono parcheggiati tre torpedoni e un camion Fiat SPA 38R, un autocarro militare leggero, con un cassone che può trasportare fino a 25 persone.
Alle 20:30 circa il primo torpedone si trova davanti all’uscita centrale del carcere. Vengono caricati i prigionieri e si sposta in avanti lasciando spazio al secondo e al terzo.
Gli ultimi prigionieri
Sabato 3 giugno 1944 - Tra le 22:00 e l’1:00 di notte viene raggruppato un ultimo gruppo di 23 persone al piano terra del carcere. I detenuti hanno le mani legate dietro la schiena. In presenza di Kappler, un sottufficiale piccolo e biondo informa che saranno trasportati a Verona dove avrebbero riottenuto i documenti personali. Se durante il viaggio anche solo uno di loro avesse tentato di scappare tutti gli altri sarebbero stati fucilati sul posto. Nella sua autobiografia Priebke conferma l’interesse di Mussolini per il trasferimento a Verona dei detenuti, in particolare di Bruno Buozzi.
I prigionieri, in fila indiana, sono fatti salire sul camion militare. 16 in totale. Gli altri 7 vengono ricondotti in cella in attesa di un altro camion che non partirà mai. Salgono sul camion anche due militari tedeschi di scorta e, in un primo momento, Kappler, che poi scende. I prigionieri sul camion vengono disposti su tre file.
I tedeschi lasciano il carcere
Sabato 3 giugno 1944 - Due delle quattro SS italiane che devono scortare i prigionieri esigono più spazio sul mezzo. Due detenuti, Bonfiglio e Pavese, scendono dal camion: non partiranno più.
Uno dei due SS italiani è Armando Perrone, ex bersagliere sabotatore calabrese sospetto delatore dipende dal reparto VI del servizio di sicurezza di Roma. Tutti e quattro gli italiani sono vestiti in borghese.
Il comando del convoglio è preso dal sottotenente Hans Kahrau, ufficiale di basso grado che in Via Tasso si occupa della censura della posta dei detenuti: un piccolo burocrate del male.
Parte il camion con i 14 detenuti
Domenica 4 giugno ore 00:30 - Il camion SPA 38 parte con a bordo 14 detenuti. Fin dal principio presenta problemi al motore e procede malamente, si ferma in continuazione. Si dirige a nord su strade congestionate da altri automezzi in fuga. Risale Via Labicana, costeggia il Colosseo, tira dritto per Via dell’Impero (oggi i fori imperiali), passa per Piazza Venezia, imbocca Corso Umberto (oggi Via del Corso), attraversa Piazza del Popolo, Piazzale Flaminio, Ponte Milvio. Qui si blocca per i bombardamenti. Riprende il viaggio a velocità ridotta. Imbocca la Cassia. Un’altra volta è bloccato dalle bombe americane. Perrone ne approfitta per scappare dopo aver slegato (è lui a dirlo), qualche prigioniero. I tedeschi parlano di volersi sbarazzare strada facendo di tutti detenuti presenti. I quattordici uomini sul camion in quel momento non sono padroni del proprio destino.
Arrivo alla Storta
Domenica 4 giugno ore 05:30 - Poco prima della località La Storta, all’altezza del 14° chilometro della via Cassia, il camion svolta improvvisamente a destra su una stradina di campagna accodandosi ad una colonna di mezzi tedeschi. La decisione è quella di pernottare in un luogo riparato e riprendere il viaggio di giorno.
Percorsi 700 metri si intravede un casolare che fa parte della tenuta del castello detto della Spizzichina, di proprietà dei Grazioli, dove i tedeschi hanno installato un comando militare per fronteggiare l’avanzata degli Alleati.
Il casolare è vuoto. I contadini lo hanno lasciato e si sono trasferiti in un altro edificio agricolo detto L’Ovile poco distante. Lì sono presenti solo le donne. Gli uomini temendo rastrellamenti si sono dati alla macchia. Il camion con a bordo i 14 uomini si dirige verso L’Ovile e lì si ferma. I prigionieri sono fatti scendere e condotti in un fienile accanto.
L’eccidio de La Storta
Domenica 4 giugno 1944 ore 17.30 - Fa molto caldo. I prigionieri hanno diritto a una breve rinfrescata a un fontanile non lontano dal fienile.
Fa molto caldo. I prigionieri hanno diritto a una breve rinfrescata a un fontanile non lontano dal fienile.
Ai prigionieri si ordina di mettersi in piedi. Vengono loro legate le mani dietro la schiena. Subito dopo vengono fatti uscire dal fienile. Un prigioniero chiede dove sono diretti; "a fare una passeggiata" è la risposta irridente di un SS italiano.
Incolonnati, i quattordici uomini marciano fino a un boschetto, a 300 metri di distanza. Tutto sotto gli occhi di contadini terrorizzati e nascosti nelle grotte circostanti. Incolonnati, i quattordici uomini marciano fino a un boschetto, a 300 metri di distanza. Tutto sotto gli occhi di contadini terrorizzati e nascosti nelle grotte circostanti.
Lì avviene l’esecuzione. Identica a quella delle Ardeatine, crudele, efferata e spietata. Li fanno inginocchiare. Poi il colpo di pistola alla nuca. Uno dopo l’altro i 14 uomini cadono inermi di fronte alla banalità del male di un meschino funzionario di polizia. Alle 20 è tutto finito.
L’autore materiale dei quattordici assassinii è Hans Kahrau, ma è incerto se egli abbia agito di sua iniziativa, oppure se abbia dato corso a un ordine ricevuto da Kappler o dal suo vice Erich Priebke.
I contadini che hanno assistito, una volta andati via i tedeschi, avvolgono i corpi, avvolgendoli in un lenzuolo nero.
L’arrivo degli americani alla Storta
Lunedì 5 giugno 1944 - A La Storta arrivano gli americani. Ad accoglierli trovano la scena di quei cadaveri che l’umidità della notte e l’esposizione alle intemperie ha già trasformato. I corpi recuperati vengono trasportati all’Ospedale Santo Spirito. Le 14 vittime sono: Gabor Adler (identificato solo nel 2009), Eugenio Arrighi, Frejdrik Borian, Alfeo Brandimarte, Bruno Buozzi, Luigi Castellani, Vincenzo Conversi, Libero De Angelis, Edmondo Di Pillo, Pietro Dodi, Lino Eramo, Alberto Pennacchi, Enrico Sorrentino, Saverio Tunetti.
I funerali delle vittime
Lunedì 11 giugno 1944 - Nella Chiesa del Gesù, si svolgono i funerali delle vittime dell’eccidio della Storta. Roma è libera. La lotta contro i nazi-fascisti si sposta verso nord.